Il
Nostro, Eros e Priapo, cap.III, p.262
E torniamo
alle nostre care donne. «Donne, e voi che le
donne avete in pregio.» Elle videro in lui il portatore del
verbo oltreché del nerbo, il portatore del modello formale
del
branco o specie, il vessillifero della spaghettifera patria co'
'a
pommarola in coppa, il mastio unico, l'empito spermatoforico
della stirpe gloriosa divenuto persona.
Ma, obietterete, avendo ognuna a bordo il suo proprio collo
de pollo e l'empito singulo del rispettivo Zefirino, più
tangibilmente sorbettabile e sorbettato che non la truculenta
imago del podio, come potevano disporre di una siffatta speranzella
da investirne ancora, dopo la battana del lettuccio
coniugale, anche quell'altro provolone del dittatore colassù,
sul suo
balcone colmo di certezze? O podio? Quello, vu' dite, gli è
un
sogno in nelle nuvole, dove danno giravolte i rondoni,
mentreché questo che qui gli è un virgulto vero nel
giardino
d'amore.
Ludovico
Ariosto, Orlando Furioso
Redaz.
C Canto 28 Ottava 1
1 Donne, e voi che le donne avete in pregio,
2 per Dio, non date a questa istoria orecchia,
3 a questa che l' ostier dire in dispregio
4 e in vostra infamia e biasmo s' apparecchia;
5 ben che né macchia vi può dar né fregio
6 lingua sì vile, e sia l' usanza vecchia
7 che 'l volgare ignorante ognun riprenda,
8 e parli più di quel che meno intenda.
Redaz. C Canto 28 Ottava 2
1 Lasciate questo canto, che senza esso
2 può star l' istoria, e non sarà men chiara.
3 Mettendolo Turpino, anch' io l' ho messo,
4 non per malivolenzia né per gara.
5 Ch' io v' ami, oltre mia lingua che l' ha espresso,
6 che mai non fu di celebrarvi avara,
7 n' ho fatto mille prove; e v' ho dimostro
8 ch' io son, né potrei esser se non vostro.
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